Le pratiche legate al fuoco sono diverse in Cilento, quasi tutte ormai scomparse. Almeno fino alla metà del secolo scorso, molte di esse sono state praticate con continuità. In particolare, nel mese di agosto, si affidava la terra alla Vergine Maria. Antichi rituali sono ancora vivi nella memoria popolare. Pochi, invece, sono ancora in uso.
I ‘lumi della Stella’
I ‘lumi della Stella’ hanno caratterizzato una antica tradizione arroccata alla storica montagna del Cilento. Nella notte dell’Assunzione di Maria al Cielo, è stata usanza diffusa quella di accendere un piccolo lume, spesso in terracotta, e collocarlo sui davanzali delle finestre o sull’uscio della porta. Un occasione ancora in parte conservata nelle piccole comunità. Un tempo il Santuario della Madonna della Stella era meta di numerosi pellegrini. I contadini si affidavano alla benevolenza della Vergine. Oltre ai lumi venivano accese le ‘focare’ nei campi. Ardevano anche nelle piazze e sul pianoro antistante la cappella situata sulla sommità dell’antico ‘Monte Cilento’. Un rito che si perde nei tempi e che rappresenta una straordinaria visione delle radici nostrane ben ancorate al profondo passato.
Capizzo, per San Mauro la montagna si illumina
La più piccola delle frazioni di Magliano Vetere, pur avendo condiviso gran parte della sua storia con il capoluogo, conserva le sue pagine di memorie alle pendici del Monte Faito. L’abitato, diviso in due dalla via principale, conserva nella parte bassa la Chiesa parrocchiale dedicata a San Fortunato, del XV secolo. Nonostante la titolazione non si inclina in alcun modo la magna devozione verso il culto principale rivolto a San Mauro Martire. Ed è qui che inizia una profonda fede popolare. In occasione di San Mauro, disposti su tre file orizzontali, si snodano i ‘focari’ che illuminano la montagna e, a distanza, conferiscono una suggestione dal fascino unico, osservabile in modo particolare dal versante opposto della valle dell’Alento. Appaiono come un semicerchio di stelle.
Ostigliano, la processione delle lanterne
E’ la vigilia di San Giovanni, al calar della sera del 23 giugno, 24 lanterne accese aprono il corteo processionale. Il numero simboleggia non solo la data della festività bensì anche le ore del giorno. Accade ad Ostigliano fino alla metà del XIX secolo. È la ‘processione delle lanterne’, un rito antichissimo. Più genericamente passerà alla storia come ‘processione della reliquia’, come avviene in diversi casi alla viglia delle festività patronali in Cilento. Quella di Ostigliano, però, conserva significati ben più profondi. Non a caso il ‘lume che arde’ è simbolo per eccellenza della potenza divina ed intercede affinché prosperi il raccolto. Probabilmente è questo l’affidamento che gli ostiglianesi chiedono al Santo Patrono. Una croce bifronte in argento sbalzato, oggi custodita nel museo diocesano di Vallo della Lucania, e gli ori ex voto, confermano la magna devozione.