Sant’Antonio Abate nel Cilento fra riti e tradizioni

Sant’Antonio Abate è una delle figure più amate nel Meridione d’Italia. In Cilento è al centro di una devozione antica, testimoniata dall’ampia diffusione del culto ben radicato in diverse comunità e, soprattutto, da suggestivi rituali ancora vivi e praticati nel cuore dell’inverno. La magna devozione, strettamente legata alla sfera agro-pastorale, deriva dal suo patronato che lo rende celebre per la protezione dei mali derivanti dal fuoco e del bestiame.

Sant’Antonio Abate in Cilento - Statua ad Ortodonico, Sa

Sant’Antonio Abate  tra l’ardore delle fiamme

Vagò per il deserto per lunghi periodi guadagnandosi l’appellativo ‘d’Egitto’ – sua terra d’origine – ma anche ‘del Deserto’ e ‘l’Anacoreta’, nomi che si affiancano ai numerosi identificativi scaturiti nel corse dei secoli, in memoria delle sue gesta. Popolarmente, al Sud è noto come ‘Sant’Antuono’ per distinguerlo dal Santo da Padova. Non a caso è spesso detto ‘il Grande’ per l’infinità dei miracoli compiuti e narrati nella tradizione, e ‘del fuoco’ per il laborioso connubio che lo lega alle fiamme. Secondo la leggenda respinse le tentazioni demoniache assumendo a suo emblema proprio ‘il fuoco’. È perciò invocato contro i mali e in particolare per il ‘Fuoco di Sant’Antonio’ ma alla sua protezione si affidano anche gli animali domestici. È quest’ultimo patronato che lo ha reso ‘il Santo del popolo’, special modo in passato.

Sant’Antonio Abate: i luoghi del Cilento tra storia e identità perdute

Nel perimetro del Monte Stella, il culto di Sant’Antonio Abate emerge a tratti su ogni versante. Sui pendii delle colline che degradano verso il mare, Ortodonico l’ha elevandolo a patrono della comunità. Risalendo verso l’interno, nella zona nord-occidentale della montagna, la devozione si manifesta a Camella (Perdifumo). Proseguendo oltre si raggiunge la località di Sant’Antuono di Torchiara dove, il culto, è evidente anche nell’onomastica. Lasciata l’orbita dello storico massiccio, ci spostiamo sul versante opposto della vallata solcata dall’Alento. A Perito, fino agli anni ‘70 del XX secolo, è esistita la cappella di ‘Sant’Antuono cu lu purieddo’ come si evince dall’interpretazione affettiva del popolo: fu demolita per consentire l’ampliamento della rete viaria. All’interno era presente una statua fittile: i resti del volto sono stati di recente recuperati e si conservano in chiesa madre. Infine, oltre i confini del Cilento, ai margini contemporanei del territorio, una intensa devozione si respira a Vibonati.

Sant'Antonio Abate in Cilento - Perito (Sa)
Sant’Antonio Abate, Perito (Sa)

Riti e tradizioni

L’accensione del falò avviene la vigilia: nel giorno seguente, invece, si ha ‘la benedizione’ che, oltre al fuoco si estende agli animali domestici; inoltre, considerata la sua forte interazione con il mondo contadino, in passato interessava anche i pani mentre, in contrapposizione, in tempi moderni, si assiste talvolta alla benedizione dei mezzi agricoli. Ogni rituale ha lasciato il segno nella stessa iconografia: non a caso è spesso raffigurato affiancato da un animale domestico: il maialino. Sempre presenti, invece, le fiamme, suo emblema per eccellenza. Oltre l’interpretazione strettamente legata alla cristianità, sviscerando i significati più arcaici, il 17 gennaio dai cilentani è considerato il primo giorno di carnevale ma non secondo la rivisitazione odierna bensì calcando una più antica consuetudine che rivendica questo periodo come importante punto di congiunzione tra il Natale e e la quaresima (ndr).

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Pubblicato da Giuseppe Conte

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