Aulive ammaccate, il Cilento in una antica tradizione

L’autunno per il Cilento e soprattutto per i cilentani è considerato il ‘tempo di mezzo’. Diversi cicli produttivi hanno inizio proprio nella prima parte della stagione, altri, invece, in questa parte dell’anno giungono a maturazione. È tempo anche ‘di conservazione’ e ‘di conserve’, di semina e di raccolto. Tra le attività principali, non vi è dubbio che si ponga la vendemmia, ormai alla fase finale, e la raccolta delle olive, che ora ha il suo inizio; e proprio a quest’ultima si lega una delle tradizioni più antiche e meglio rappresentative del territorio: parliamo di ‘aulive ammaccate’.

Aulive ammaccate: la scelta è importante

Quando ‘le annate’ sono particolarmente generose, l’oliva la possiamo scegliere con cura e minuzia tra i frutti acerbi e sani. Faremo più fatica, invece, negli anni in cui il raccolto non si rileva abbondante ma, anche in questo caso, con un po di pazienza, raccoglieremo i nostri frutti.

Ed ora è il momento di ‘narrare’ una antica tradizione, fatta di amore e laboriosità. Le olive si raccolgono senza ausilio di strumento alcuno: solo quelle sode e polpose che non sono giunte a maturazione rappresentano la scelta migliore. Fin da questa fase entrano in gioco le nude mani guidate dalla sapienza e dalla vocazione.

È un lavoro meticoloso quello necessario per preparare le ‘aulive ammaccate’ e richiede una certa maestria seppur nella sua semplicità. Più che altrove il lavoro nel Cilento da sempre ripaga nella forma e nella sostanza, basta saperne esaltare l’eccelsa qualità: oltre alle ‘aulive ammaccate’, i ‘fichi’ – che in questa terra vengono ‘mbaccati’ – un tempo considerati poveri, oggi rappresentano una vera eccellenza per i palati più raffinati. A preservare tradizione e preparazione è senza dubbio l’abilità delle brave massaie che, ha garantito sulle nostre tavole l’arrivo delle ‘aulive ammacate’: è sublime antipasto nei giorni di festa, è condimento per la pasta o arricchimento per le insalate, companatico o contorno nella quotidianità, ecc.; in ogni suo uso si presenta in modo assolutamente perfetto.

La ricetta continua…

Difficile proseguire con la descrizione della ricetta senza soffermarsi su ogni punto: sarebbe un peccato rovinarne la poesia. Le olive vanno lavorate entro poche ore dalla raccolta. La ‘salella’ è ideale per questa lavorazione: una varietà antica dalle origini incerte ma ben diffusa nel Cilento e che nell’onomastica popolare diventa ‘monticedda’ o ‘licinella’ e talvolta ‘salentina’, probabilmente richiamando il paese di Salento e non la penisola pugliese. Accumulata la quantità giusta, dopo una prima sommaria scrematura le olive vengono nuovamente selezionate: lavate e asciugate si avviano alla lavorazione. Disposte in un recipiente, di volta in volta una mangiata viene messa sul piano di lavoro; ‘na preta re jumo’ o ‘re mari’, liscia e levigata è l’ideale: sarà l’attrezzo da utilizzare. Una ad una vengono ‘ammaccate’ senza esercitare eccessiva pressione per impedire la rottura del nocciolo e la dispersione della polpa. Nei tempi passati il piano di lavoro era ‘nu piesciulo’ e non di rado sull’uscio di casa si scorgeva qualche massaia che procedeva alla snocciolatura:

Re na zia t’aggià cundare

Assettata ngoppa na segguledda / cu na preta mmano

nu piesciulo e nu maccaturo ngapo.

Era turnata ra lu jumo / addove avia iuta a piglià

na preta pè pute scazzà.

Avia ra fa l’aulive ppè Natale / sott’uolio l’aviara fa stare.

Nge cangiava ogni gghiurno / l’acqua poi ngè mettia lo ssale

e accusì aroce aviano addiventare.

E nne facia re aulive ammaccate

ca a lu Ciliendo su prelibate.

L’operazione richiede tempo: private del nocciolo saranno subito immerse in un recipiente con acqua capace di contenerle completamente immerse per mantenere il colore e iniziare, fin da subito, la fase di ‘addolcimento’. Eh già! Per qualche giorno, finché non si renderanno dolci al gusto, cambieremo l’acqua (l’operazione è necessaria almeno una volta nell’arco della giornata). Dopo circa una settimana, l’acqua sarà salata e le olive trascorreranno così una ulteriore notte. Ottenuto il risultato sperato, si privano dell’acqua. A rondelle tagliamo qualche spicchio d’aglio, un peperoncino e aggiungiamo origano e un pizzico di sale. Versiamo dentro le olive e rigiriamo ed ora sono pronte per essere ‘invasate’. Il condimento può variare secondo i gusti e le usanze di famiglia, senza spaziare troppo. Nel barattolo opportunamente sterilizzato vanno completamente ricoperte con olio extravergine, preferibilmente quello ‘novello’ e riposte in dispensa!

Buon cibo e una sana tradizione, è questo il Cilento da tramandare, nel tempo e nella memoria…

Pubblicato da Giuseppe Conte

Ho creato questo blog dove inserisco principalmente i miei scritti. Non ho pretese di originalità pur mettendo impegno e ricerca nei miei lavori. Vi invito a segnalarmi eventuali inesattezze o imprecisioni di cui mi scuso in anticipo. Per contatti [email protected] oppure per contattare me direttamente [email protected]