Sant’Antonio Abate e il Cilento, il ‘Santo del popolo’

Sant’Antonio Abate è una delle figure più amate nel meridione d’Italia: fin dalla vigilia nelle piazze e nelle chiese si palesano antichi rituali, testimoni di una invincibile religiosità. 

L’agiografia del Santo è stata traghettata fino ai giorni nostri attraverso alcune importanti opere ma la sua notorietà è senza dubbio affidata alla benevolenza popolare che lo incorona proprio come ‘Santo del popolo’. Originario dell’Egitto, vagò per il deserto per lunghi periodi guadagnandosi l’appellativo ‘d’Egitto’, ed anche ‘del Deserto’ e ‘l’Anacoreta’, nomi che si affiancano ai numerosi identificativi che ne indicano la figura per la vastità delle sue gesta a favore dei cristiani. Non a caso è spesso detto ‘il Grande’ per l’infinità di miracoli compiuti e narrati dalla tradizione, e ‘del fuoco’ per il laborioso connubio che lo lega alle fiamme: secondo la leggenda respinse le tentazioni demoniache assumendo a suo emblema proprio ‘il fuoco’. Quest’ultimo, nel corso dei secoli, ha assunto una visione più ampia e l’Abate è divenuto protettore anche dei mali che sono ‘ardenti’, fra tutti il ‘fuoco di Sant’Antonio’ è quello più evocativo.

Veniamo ora alla componente culturale presente in Cilento.

Falò e pani negli antichi rituali. La vigilia è generalmente caratterizzata dall’accensione dei falò mentre il giorno seguente dedicato alla festività, assume varianti diverse ed abbraccia in modo più ampio la sfera religiosa che si affianca con vivacità nel panorama culturale. La benedizione degli animali è fra le pratiche più antiche e diffuse ma non mancano casi diversi dove ritroviamo i ‘pani’, sempre per la benedizione, fra le gestualità più ricorrenti. Decisamente innovativa è, invece, la contrapposizione sociale che scaturisce dalla comparsa dei mezzi agricoli, ormai sostituti dei ‘buoi’ che un tempo trainavano l’aratro. ‘Sant’Antuono cu lu purcieddo’ calca l’espressività più diffusa in Cilento ma, predominanza quasi assoluta la si rintraccia nel carnevale: convenzionalmente il 17 gennaio è il giorno in cui si anticipa il periodo ‘grasso’; entra nel vivo ‘l’allegria e l’abbondanza’ sfidando nella fredda stagione, quello che sarà il periodo di magra con l’avvento della quaresima. Non mente, dunque, il detto popolare che recita ‘Sant’Antuono mascare e suoni’, riferendosi proprio all’entrata in scena del carnevale.

Infine uno sguardo sui luoghi. Sant’Antuono (Torchiara) risalta per l’onomastica ma diverse sono le piccole comunità che mantengono uno stretto legame con l’Abate. Nel Cilento Antico Camella (Perdifumo) e Ortodonico (Montecorice) conservano una magna devozione. Evidenti tracce del culto si riscontrano anche ad Omignano e, sul versante opposto della valle, a Perito, dove in passato esisteva la cappella del Santo. Bisogna però raggiungere la parte Sud della provincia per evidenziare una grande espressività cristiana: a Vibonati il Santo patrono è omaggiato con solennità da numerosissimi fedeli.

Pubblicato da Giuseppe Conte

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