Sacco, il ponte sul Sammaro: la storia di un gioiello insuperato

PONTE

SACCO (SA), 5 ottobre 2016. Lo sguardo sullo strapiombo è di quelli che lasciano senza fiato, in un mix di emozioni da brivido e di profondo, affascinante richiamo agli spettacolari scenari di una natura ancora selvaggia e inviolata. Siamo sul Ponte di Sacco, a 130 metri di altezza, sull’orrida Gola del Sammaro, sul cui greto, laggiù, tra i rovi e la vegetazione della macchia mediterranea, scorre spumeggiante e imperioso l’omonimo torrente che, traendo origine dalle sorgenti ipogee e dalle grotte preistoriche di Sacco, va ad ingrossare, con molti altri rivi e ruscelli, le acque del fiume Calore.

Tra i ponti a singola arcata più alti d’Europa, quello di Sacco è un’opera di grande arditezza e di alta ingegneria per la cui realizzazione, costata, negli anni ’60 del secolo scorso, ben 400 milioni di lire, occorsero circa 30anni di lavori,tra tempi di progettazione, stasi infrabellica e realizzazione effettiva dell’opera. Il ponte è tutto questo e molto altro ancora: un’impresa titanica dal punto di vista ingegneristico, per la difficoltà dei lavori e per i notevoli imprevisti di natura idrogeologica incontrati in fase di scavo delle fondamenta e del consolidamento delle faglie e delle numerose fratture calcaree dei costoni rocciosi. Inaugurato il 6 luglio 1969, ancor oggi stupisce il visitatore che rimane affascinato e stupefatto alla vista di un’opera maestosa e, sotto molti aspetti, tuttora insuperata. Ripercorriamone brevemente la storia. Prima della sua costruzione il raccordo e l’intescambio tra Roscigno e Sacco avenivano tramite la cosiddetta “Via della Foresta” (in dialetto locale “Fresta”), antica strada ducale che, seguendo la forra del Sammaro, garantiva il collegamento tra i due borghi. L’antico tratturo, seguendo la sorgente del corso d’acqua, giungeva ad un piccolo ponte di legno, che portava prima a Roscigno vecchia e quindi al nuovo Intorno al 1700, a causa di un evento franoso che in una sola notte seppellì l’intera area distruggendo gran parte della via ducale, venne momentaneamente abbandonato. Andrea Villani, duca dell’epoca, decise la realizzazione di un tracciato viario ex novo che garantisse il collegamento tra le due località. Nacque così l’asse che dalle località “Saracina” e “Acquafredda” conduceva alla Via della Foresta e quindi a Roscigno. Solo dopo quasi due secoli e mezzo, esattamente ra il 1936 e il 1937, venne stilato un megaprogetto che prevedeva un asse viario di nuova generazione e la costruzione di un ponte. Un progetto futuristico per l’epoca che suscitò ammirazione, interesse, ma anche accese polemiche tra gli addetti ai lavori sulla scelta del luogo di realizzazione dell’opera. Lo stesso progetto fu più volte contestato in quanto ultimato solo nel tratto rientrante nel territorio di Roscigno, penalizzava fortemente Sacco. Ma l’attenzione per Roscigno in realtà fu comprensibilmente dovuta all’assetto franoso del territorio che causò, tra il 1907 ed il 1908 l’abbandono del borgo (oggi patrimonio Unesco) e la necessaria realizzazione ex novo in altro loco.

Completato il progetto, i lavori, da poco iniziati, furono interrotti a causa dello scoppio del secondo conflitto mondiale, per poi essere ripresi alla fine degli anni ’50. L’assessore ai lavori pubblici pro-tempore del Comune di Sacco, Gaspare Monaco, resosi conto che la realizzazione del ponte sul Sammaro avrebbe comportato un notevole aumento del traffico, propose ed ottenne la realizzazione di una variante che evitasse ai veicoli di attraversare il paese.Diretti dall’Ufficio Tecnico provinciale di Salerno e affidati all’impresa Generale di Costruzioni Ferrobeton Silm di Roma, i lavori di costruzione del ponte iniziarono nella promavera del 1960. Il Progetto prevedeva in sintesi un ponte composto da un’unica campata di 111 metri e freccia di 27,45 metri. Poggiante su tre costole in cemento armato collegate tra loro da centine metalliche di tipo ‘Melan’ (sistema Ferrobeton). L’accesso alla struttura previsto attraverso due viadotti introducenti ad una careggiata di 6 metri di larghezza corredata di due marciapiedi. Del difficile e complicato inizio dell’opera ci fornisce contezza Giulio Krall, progettista e direttore tecnico del ponte: “A primavera inizieremo il nostro ponte maggiore sul Sammaro. Per questo la centina è già completamente costruita e dorme a Battipaglia Terme, in attesa che passi l’inverno. Particolarmente iniquo era risultato lo stato dei luoghi, senza via d’accesso, senza acqua, senza energia. Un anno terribile, con operai legati alle corde e spedizioni che partivano per l’altra sponda, per il tracciato. Si costruì un’ardita passerella sospesa di 150 metri (un drammatico incidente causò la morte di Giuseppe Troccoli che, colpito in pieno da un attrezzo metallico, morì sul colpo) e si montò un blondin per i materiali e l’esecuzione dei getti. Ma la disavventura più grande ed eccitante capitò quando, durante gli scavi, emersero profonde faglie nello sperone di Roscigno e degradazioni e fratture nel calcare del versante di Sacco”. Per alcuni mesi, i lavori vennero sospesi in attesa di studiare la soluzione e il reperimento di circa 215 milioni di lire suppletivi. “Si bucarono con macchine inventate e con varie inclinazioni i nidi di falchi sulla parete di Sacco” – spiega ancora Giulio Krall – “Pali di 150 metri e vari paletti di ancoraggio fortemente armati e cementati, consolidarono la formazione calcarea. Poi si realizzarono le fondazioni e, quindi il ponte”.

LUCIA CARIELLO

 

Pubblicato da Lucia Cariello

Archeologa e giornalista pubblicista. Dopo essersi laureata in Civiltà Preclassiche presso l’Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli e con diversi master al suo attivo, svolge attività di studio e valorizzazione storico, artistica ed archeologica del territorio Cilentano.