Nel Cilento sono numerosi gli altari che si ergono alla memoria di San Rocco. Diverse comunità l’hanno invocato contro la peste. Memorie ormai secolari emergono soprattutto nelle festività votive che, in parte, sono ancora praticate. Ciò accade anche ad Ostigliano come pure a Perdifumo nella quarta domenica di febbraio. In altre realtà, invece, accorre in soccorso della popolazione in più occasioni come ci ricorda la storia di Cardile.
San Rocco di penitenza
La quarta domenica di febbraio, ‘San Rocco in penitenza‘ ricorda come il Meridione d’Italia si affidò al Santo da Montpellier per sfuggire a grande epidemie e carestie. Quasi sempre scoppiavano proprio in conseguenza di annate poco produttive e la ricerca di vivere accresceva sfociando talvolta nella disperazione. La peste raggiungeva rapidamente i diversi focolai, decimando le comunità, special modo le più minute. A drammatizzare era anche la consapevolezza di non aver efficace rimedio se non la sola devozione che si traduceva in un ‘affidamento di speranza’. Quando ogni mezzo risultava vano, la fede cristiana proiettava il popolo verso uno spiraglio ancestrale. Si smuovono le antiche pratiche degli avi: San Rocco esce in processione. Sono le così note processioni in penitenza in cui si chiede l’intercessione (in questo caso) di San Rocco. Ancora oggi, a febbraio, una festività votiva ricorda il superamento del contagio.
La cappella di San Rocco ad Ostigliano
Tra le architetture religiose presenti in paese, la piccola cappella di San Rocco è la più giovane in ordine cronologico e, nelle vesti attuali, fu eretta probabilmente tra il XVIII secolo e la prima metà del XIX. Negli anni precedenti non si riscontrano notizie che ne attestino l’esistenza ma si evince chiaramente nel resoconto di una visita pastorale avvenuta nel 1875.
Di modeste dimensioni, l’interno si esaurisce in un unico ambiente. L’unico altare presente è ai piedi della nicchia che ospita la statua di San Rocco. Nel recente passato, invece, era presente anche un’immagine in cartapesta dell’Immacolata: è ora custodita nella navata laterale della chiesa parrocchiale. Vi era anche l’immagine di Santa Sofia. Quest’ultima vantava probabilmente anche il titolo della cappella o comunque vi si richiamava popolarmente la sua presenza, come vi è palese testimonianza nell’onomastica della popolazione e nella toponomastica cittadina.
Da Santa Sofia a San Rocco
Il nome Rocco non si distingue in tempi moderni ad Ostigliano e nemmeno nel vicino passato; ciò conferma l’entrata nel circuito devozionale locale solo in momenti relativamente recenti. È comunque plausibile che il culto di San Rocco sia una ripresa scaturita all’indomani del declino di alcuni culti più antichi sopraffatti forse dal tempo. Ben più argomentato è il caso della toponomastica.
Santa Sofia conserva la titolazione dell’unica storica piazzetta del paese, situata laddove Via Serrotola e l’ex Via Piedicasale si incontrano. Nella stessa piazza si immette anche via San Rocco, già via Santa Sofia come si evince facilmente non solo dalla documentazione storica ma anche dalle verniciature che nero su bianco riportano la toponomastica del paese.
Baluardi di protezione
Prima del flagello del 1656, in occasione di copiose pestilenze, i cristiani si orientavano principalmente sulla Madonna di Loreto, su San Donato e anche su Santa Sofia. È solo a partire dal 1700 che la figura di San Rocco prende il sopravvento e diviene protettore quasi indiscusso. Ai primi sintomi di febbre, spesso ci si auto-esiliava in luoghi prestabiliti, quasi sempre fuori dall’abitato: qui sorgevano le ‘chiese di campagna’.
Le edicole costruite in onore di San Rocco, invece, erano situate ai margini dell’abitato: a partire dal XVIII secolo, il morbo della peste diminuisce la sua presa e si ripresenta in tono minore fino a scomparire del tutto in buona parte dei territori appartenuti al Regno di Napoli. Ecco perché, la chiesa di San Rocco compariva all’ingresso del paese: in tal modo si poneva la comunità sotto la sua protezione.