Ostigliano, il culto di San Vito nella migrazione culturale

OSTIGLIANO (SA), 14 giugno 2018. Il ritratto storico ed agiografico che riguarda il giovane martire ‘Vito’ è fortemente ancorato all’Antica Lucania ed all’odierno Cilento; secondo la tradizione, fu sepolto proprio in queste terre, giustificando il fervido culto nel corso dei secoli. E la storia del Cilento ci conferma la capillare diffusione del culto di San Vito in questi luoghi; sarebbe sufficiente il solo far riferimento ai numerosi paesi vicini (come Valle Cilento, Matonti, Pellare, Magliano Vetere, ecc.) che, a vario titolo, ne conservano la memoria. Mentre nei luoghi di culto vitiani (vicini o lontani in generale), si riscontra la sola presenza dell’immagine di San Vito, ad Ostigliano, nell’800, il Vescovo dell’epoca nota nella cappella consacrata al giovane Martire la presenza anche di due statuette in gesso raffiguranti San Modesto e Santa Crescenzia (Crescenzo nella popolarità?) – rispettivamente il precettore e la nutrice del fanciullo –; la notizia non passò inosservata e rimbalzò nelle sedi opportune, senza tuttavia portare a compimento una interessante indagine di studio. L’affidabilità della notizia è ancora tangibile poiché, rimangono ben visibili le statuette (oggi, meritevoli di restauro, restano invece abbandonate a se stesse, sopraffatte dall’incuria e dal tempo).

Ciò, testimonia non solo il fiorente culto di San Vito nella piccola comunità cilentana ma acclama e rafforza la storia del luogo e del suo circondario. La cappella di San Vito, San Modesto e Santa Crescenzia, era ubicata nell’omonima località; i resti delle ultime mura perimetrali – già ricomprese nella struttura cimiteriale – scomparvero in seguito ad una frana verificatasi negli anni ’60 del secolo scorso; la visita pastorale del 1698, invece, ci informa dell’esistenza della chiesetta. Si conserva, dunque, del piccolo tempio sacro, l’inizio e la fine, ma non l’integrità della sua storia. Invece, la decadenza strutturale e spirituale, è probabilmente coincisa con il progressivo spopolamento della località, quando la popolazione iniziò a ritirarsi più a monte, incrementando l’attuale abitato e nell’area della cappella sorse il cimitero; le mura di cinta di quest’ultimo – come anticipato poc’anzi – avevano inglobato anche la chiesetta stessa determinandone un costante indebolimento.

La presenza nella memoria. In passato – e in minima parte ancora oggi – nell’onomastica ben si notava la costanza dei nomi Vito, Modesto e Crescenzo; tuttavia, con i nuovi lustri, probabilmente anche nel segno dell’abbandono della consueta tradizione di ereditare i nomi di famiglia o dei Santi a cui si esprime devozione, l’onomastica ne risente fortemente ma ne conserva abbondante memoria.

La ricorrenza. La benedizione dei campi, degli animali e la processione caratterizzavano la festività di un tempo; la presenza di un piccolo mercato, invece, non ha riscontri storici se non relativamente recenti. Negli anni ’90 del secolo scorso, dopo alcuni decenni, la festività di San Vito ha ripreso il suo corso: non vi è più la benedizione dei campi o degli animali ma, la processione, è affiancata da una piccola fiera. Negli ultimi anni, ancora una volta, le celebrazioni per San Vito sono state fortemente ridimensionate ma ne rimane traccia con la celebrazione della Messa nel luogo ove è esistita la cappella, a cui ci si reca non più in processione.

Pubblicato da Giuseppe Conte

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