Ostigliano, il culto della ‘Madonna del rito’: la contestazione onomastica

Nel Cilento, il passaggio dei monaci basiliani è particolarmente evidente proprio nel culto della Madonna. Mentre per alcune figure, come San Nicola di Myra, la diffusione è limitata alla cristianità nella devozione popolare, il culto per la ‘Madonna del rito’ – in riferimento al rito greco praticato nei secoli scorsi – mira ad un più complesso significato che affonda le sue radici nella cultura orientale. Ed è proprio la figura mariana della ‘Madonna Nera’ ad incarnare completamente i connotati predisposti dai monaci basiliani. In Cilento, questi monaci edificarono numerosi cenobi e lauree ed infine santuari in cui poter venerare la ‘Vergine Odighítria’: colei che guida il cammino. Ed è la stessa espressione dialettale, ben evidente ad Ostigliano, a richiamare il rito praticato dai monaci italo-greci nei confronti della Vergine Maria: la ‘Maronna re lu rito’. E la contestazione onomastica nasce proprio dall’errata interpretazione dell’espressione ‘re lu rito’ che, nel corso dei secoli, è stata erroneamente tradotta in ‘di Loreto’ anziché in ‘del rito’ (di questo parleremo in modo approfondito pi avanti nel testo).

Ripercorriamo ora brevemente la storia, attraverso i luoghi, la leggenda e la ricorrenza. Nel calendario liturgico, la Madonna di Loreto è celebrata il 10 dicembre, in tale data ad Ostigliano si tiene solo la Santa Messa, mentre è in agosto che la ricorrenza assume una più ampia valenza, legata sostanzialmente alla leggenda.

La Madonna ad Ostigliano. Il culto per la Madonna ad Ostigliano è rivolto prioritariamente a ‘Santa Maria del Rito’. Le prime notizie storiche sulla sua presenza in loco compaiono sul finire del 1600, mentre le memorie locali confermano la magna devozione che la piccola comunità le ha manifestato.

Chiesa della Madonna, OstiglianoLa cappella. Alla confluenza della fiumarella nel fiume Alento, si trova la chiesetta riconosciuta come ‘Madonna di Loreto’. Fu edificata negli anni ’50 del 900 contestualmente all’abbandono della originaria costruzione posta a poca distanza (non più agibile per l’instabilità del suolo dettata dall’erosione del fiume). Del ‘sacellum’ sono ancora ben visibili i ruderi seppur in parte invasi da rovi e sterpaglie. La primitiva costruzione è sicuramente secolare ma non è possibile datarla con esattezza. Interamente in pietra, era costituita da un unico ambiente absidato, spazio in cui trova posto la nicchia che ospitava l’immagine della Madonna. Su uno spiazzo leggermentem1 più a monte, invece, l’attuale cappella. L’architettura della nuova costruzione mantiene fede all’originale limitatamente alla presenza dell’abside, l’orientamento, invece, è sud-nord piuttosto che, come tradizione, est-ovest e l’unico spazio interno è circa tre volte la precedente. Anche in questo caso la nicchia è ricavata nella parte interna dell’abside.

Chiese rurali e processioni di campagna. Le chiese rurali e le processioni di campagna, riflettono esigenze cristiane da coniugare con la vita agro-pastorale. Nella quasi totalità dei casi, l’esistenza di edifici di culto in luoghi ameni è giustificata dall’inconscio di mantenere indissolubile e costante la presenza di Maria Madre Celeste. In tempi non molto lontani, le funzioni religiose e in particolare le novene, si tenevano alle prime luci dell’alba, al fine di consentire la partecipazione dei fedeli senza compromettere il lavoro nei campi. Come anticipato in precedenza, è in questo frangente che si innesta la necessità delle processioni campestri. L’usanza di trasportare la Madonna in luoghi di campagna scaturisce, dunque, dalla cultura agro-pastorale per mantenere i rapporti con la sfera religiosa durante la transumanza o la coltivazione dei campi. Questo contesto veniva poi mascherato sotto le spoglie di una leggenda.

f21-jpgL’acqua. I santuari mariani edificati vicino ai corsi d’acqua, come nel nostro caso, rivelano la sacralità dell’acqua, spesso esaltata come valore quasi ‘totemico’ nelle comunità special modo a quelle a vocazione contadina. In origine, ad affiancare la prima cappella, vi era probabilmente un piccolo pozzo; alcuni ruderi confermerebbero questa teoria.

La leggenda. Le memorie del posto narrano di una icona della Madonna rinvenuta nel greto del fiume. Rispettando i canoni classici delle leggende di tal genere, anche ad Ostigliano convergono i tratti più comuni delle narrazioni che spesso affiancano la storia dei luoghi. << L’effige della Vergine venne rinvenuta nel letto del fiume al contempo da ostiglianesi e ciceralesi >>. La notizia ben presto si diffuse nei due paesi ed assunse varianti diverse. Poiché il luogo esatto del ritrovamento ricadeva nel territorio di Ostigliano gli abitanti del luogo rivendicarono il possesso della statua, ma i ciceralesi ebbero la meglio e la portano sulla riva opposta. Si decise di costruire in loco una piccola chiesa in suo onore. Secondo le dicerie popolari si adoperarono per innalzare la cappella, procurandosi il materiale necessario: << gli uomini spaccavano le pietre e le donne le trasportavano; ma al mattino seguente il mucchio non c’era più, la forza del fiume le portava sulla sponda opposta >>; e così per diversi giorni, finché si pensò che il volere della Madonna era quello di dimorare in territorio di Ostigliano, ove venne eretta la chiesetta. Si noti l’assoluta somiglianza con le leggende fiorite altrove, trapuntate nei racconti orali del remoto passato, a conferma della loro funzione semplicemente di ‘copertura’ per le ‘processioni campestri’ di cui abbiamo parlato poc’anzi.

Madonna, OstiglianoL’icona della Vergine. A primo sguardo la statua della Madonna presente nella cappella rivela fin da subito che non si tratta affatto della Madonna di Loreto, bensì di una ‘generica Maria’, nata dalla mano di un maestro madonnaio commissionato per la sua realizzazione. I tratti somatici semplici e pieni, e alcuni particolari della statua nel suo complesso fanno presupporre che l’immagine rappresentata sia null’altro che una “scultura rurale” rappresentante la Madonna, tipica del vicino passato e diffusissime sopratutto nelle chiesette di campagna, note come ‘Madonne di pietra’. La tecnica di costruire queste statue ‘attaccate’ al territorio è abbastanza remota. Cesellare direttamente sul posto, garantiva protezione logistica e spirituale: ‘ancorando’ la statua se ne impediva l’asportazione in eventuali tentativi di furto, e si garantiva ‘protezione’ al territorio dal punto di vista spirituale. Tale tecnica era poco dispendiosa e i materiali adoperati provenivano da un ambiente povero, prevalentemente gesso e scarti di lavorazione quali cocci di vasellame e resti edilizi. Grazie ad alcuni accorgimenti come l’uso di vetro per realizzare gli occhi, si conferiva vitalità all’immagine. A seguito del restauro, avvenuto negli anni scorsi, la Madonna ostiglianese ha perso parte dei tratti originali, quando appariva in tutta la sua bellezza, seppur trasudando i segni del tempo e dell’isolamento.

Madonna di LoretoLa ‘Madonna di Loreto’ e le contestazioni onomastiche. Il culto della Madonna riconosciuta come ‘di Loreto’ ad Ostigliano, può essere giustificato dalla storia. Fin dal basso medioevo, la Vergine Lauretana e San Rocco, come pure Santa Sofia, e in tono minore Sant’Antonio da Padova e San Donato, erano invocati contro la peste. Dopo la nota epidemia del 1656, che colpì in modo significativo il Regno di Napoli, lo ‘scettro’ passò con predominanza quasi assoluta al Santo da Montpellier, contagiato dal morbo nella prima metà del 1300. La titolazione di una chiesa alla ‘Madonna di Loreto’ o uno dei Santi invocati contro la peste, era praticamente inevitabile in ogni comunità ed è evidente che Ostigliano non rimase immune. Le chiese che portavano questo titolo, quasi sempre sorgevano fuori dall’abitato, sia per ragioni igienico-sanitarie (il luogo designato per la loro elevazione, corrispondeva al posto in cui venivano sepolti i morti di peste e, non di rado, qui si auto-confinavano coloro che avevano contratto il morbo ed erano prossimi alla morte), sia per ragioni ‘difensive’ sotto la veste spirituale (il luogo era una sorta di baluardo contro l’epidemia). Ed è questa una prima possibile spiegazione tenendo conto che il culto verso San Rocco è invece più recente e la sua cappella ad oggi esistente in origine era consacrata a Santa Sofia, entrambe figure cristiane invocate come ‘protettori della peste’. Volendo porre fine alla diatriba storico-leggendaria circa le origini della titolazione della Madonna ad Ostigliano, è ora necessario esporre il rovescio della medaglia, la teoria più veritiera e definitivamente accettabile: si tratta semplicemente della ‘Madonna del Rito’. Questa teoria è incontestabile sia per ragioni storiche sia per identificazione della stessa icona della Vergine presente nella chiesetta rurale. Inoltre, la statua della Vergine di Loreto presente nella Chiesa parrocchiale è sicuramente postuma alla devozione della Madonna in loco e non deve essere motivo d’inganno nel ricondurre forzatamente il culto locale. La ‘Madonna del Rito’, invece, trova giustificazione in riferimento all’iter devozionale praticato nei confronti della Vergine Maria fin dai tempi più antichi, culto affermatosi in modo incisivo nella nostra zona dopo la venuta dei monaci basiliani. Il dubbio è felicemente scioglibile motivandolo con una semplice errata traduzione dialettale: la Madonna diventa ‘di Loreto’ se si traduce il vernacolo ‘re’ (re lu rito) in ‘di’ e ‘del Rito’ se la traduzione opta per “del”.

La festività. Fino ai primi lustri della seconda metà del secolo scorso, la festività coincideva con le quarta Domenica del mese di Agosto. Successivamente, per permettere la partecipazione di tanti emigranti, la ricorrenza viene fissata nel giorno di Sant’Elena (18 Agosto). All’alba, partendo dalla Chiesa Madre, i fedeli si dispongono in processione e al suono delle campane, il corteo si avvia verso la cappella. Il tragitto è scandito da canti e preghiere. La magna devozione per la Madonna è stata testimonia dalla presenza di ‘cente’ e di ori, oltre che dalla grande partecipazione popolare. La strada percorsa dai pellegrini prende il via dalla parte alta del paese e raggiunta la sommità della collina, inizia la discesa verso il fiume. Il suono della campanella annuncia l’arrivo del corteo che, come da classica tradizione cilentana, esegue tre giri intorno alla cappella, intonando il canto tradizionale, prima di fare il suo ingresso in chiesa per omaggiare la Madonna. Dopo la visita alla cappella e la celebrazione della Santa Messa, il corteo si ricompone, si saluta la Madonna e s’imbocca la via che riporta all’abitato. Giunti alla parrocchiale, il corteo si scioglie e si ricompone nuovamente nel tardo pomeriggio, quando ha luogo la solenne processione per le vie del paese. Il 10 dicembre, invece, ricorrenza liturgica, si tiene solo la Santa Messa.

Pubblicato da Giuseppe Conte

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