Ostigliano, il culto della ‘Madonna del Rito’ (18 agosto 2017)

LETTERA DELLA CITTADINANZA DI OSTIGLIANO

     A Sua Eccellenza Sig. Sottintendente del Distretto di Vallo.

     La cittadinanza di Ostigliano, villaggio annesso al Comune di Orria, con umile supplica fa presente a Sua Eccellenza qualmente essendo prossima la festività di S. Maria del Rito che si celebra nel dì 22 del corrente mese di agosto da questa cittadinanza con gran solennità e devozione. Perciò supplicano l’eccellenza vostra volersi benignare di concederli permesso dello sparo di mortaretti per accompagnarla con maggiore gloria di detta nostra Madre, e sicuri della benignità Vostra Eccellenza l’otteneranno a grazia quam Deus.

Ostigliano 13 agosto 1830

La semplicità di questo documento ci indica l’esatta dinamica dei fatti nella prima metà del XIX secolo, confermando la storia della ricorrenza.

Il passaggio dei monaci basiliani ha certamente condizionato la struttura ecclesiale nel territorio. L’ordine monastico portò nuovi culti affiancati da ‘moderni rituali’, talvolta ancora praticati secondo modelli più o meno arcaici. Tuttavia, mentre per i Santi, come San Nicola di Myra, si assiste ad una diffusione più limitata e meno invasiva, il culto per la ‘Vergine Odighítria’ – in riferimento al rito greco praticato nei secoli scorsi – mira ad un più complesso significato che affonda le sue radici nella cultura orientale e si è inserito in modo marcato in buona parte dell’odierno Cilento.

Particolarmente evocativa è la figura della ‘Madonna Nera’ che, nel Cilento, raggiunge il suo culmine, nella tipologia rappresentata sul Monte Gelbison. Numerose sono le tracce di cenobi, lauree e, poi santuari, edificati nel territorio, esposti alla venerazione ‘della madre che guida il cammino’.

Il culto per la Madonna ad Ostigliano è rivolto prioritariamente a ‘Santa Maria del Rito’. Le prime notizie storiche compaiono sul finire del 1600, mentre le memorie locali confermano la magna devozione che la piccola comunità le ha manifestato. Ad Ostigliano, l’espressione dialettale, conserva ancora il riconoscimento che riconduce al ‘rito greco’ praticato in passato. Nella memoria popolare, una facile corruzione moderna ha distolto l’origine onomastica, trasportando – forse – erroneamente il culto della Vergine Odighítria verso la Madonna di Loreto; la diatriba che si affaccia nelle discussioni odierne, è comunque secondaria, poiché confinata nei soli dibattiti basati sula leggenda.

La cappella. Alla confluenza della jumarella nel fiume Alento, si trova la chiesetta riconosciuta come ‘Madonna di Loreto’. Fu edificata negli anni ’50 del 900 contestualmente all’abbandono della originaria costruzione posta a poca distanza (non più agibile per l’instabilità del suolo dettata dall’erosione del fiume). Del ‘sacellum’ sono ancora ben visibili i ruderi seppur in parte invasi da rovi e sterpaglie. La primitiva costruzione è sicuramente secolare ma non è possibile datarla con esattezza. Interamente in pietra, era costituita da un unico ambiente absidato, spazio in cui trova posto la nicchia che ospitava l’immagine della Madonna; su uno spiazzo leggermente più a monte, invece, l’attuale cappella. L’architettura della nuova costruzione mantiene fede all’originale limitatamente alla presenza dell’abside, l’orientamento, invece, è sud-nord piuttosto che, come tradizione, est-ovest e l’unico spazio interno è circa tre volte la precedente. Anche in questo caso la nicchia è ricavata nella parte interna dell’abside ma a differenza della precedente, l’interno non è ad incavo, seguendo l’andamento absidale, ma a parete lineare.

Chiese rurali e processioni di campagna. Le chiese rurali e le processioni di campagna, riflettono esigenze cristiane da coniugare con la vita agro-pastorale. Nella quasi totalità dei casi, l’esistenza di edifici di culto in luoghi ameni è giustificata forzatamente nel tentativo di mantenere indissolubile e costante la presenza di Maria Madre Celeste. In tempi non molto lontani, le funzioni religiose e in particolare le novene, si tenevano alle prime luci dell’alba, al fine di consentire la partecipazione dei fedeli senza compromettere il lavoro nei campi. L’usanza di trasportare la Madonna in luoghi di campagna scaturisce, dunque, dalla cultura contadina, per mantenere i rapporti con la sfera religiosa durante i lavori nei campi. Contestualizzando le proprie necessità in una leggenda, nasce la costante attrattiva che culmina proprio nei tratti leggendari dei noti racconti.

L’acqua. I santuari mariani edificati vicino ai corsi d’acqua, come nel nostro caso, rivelano la sacralità dell’acqua, spesso esaltata come valore quasi ‘totemico’ nelle comunità special modo a quelle a vocazione contadina. In origine, ad affiancare la prima cappella, vi era probabilmente un piccolo pozzo; alcuni ruderi confermerebbero questa teoria. Inoltre,vi sono i resti di una ‘carcara’ e il fiume scorre a pochissimi metri di distanza.

La leggenda. Le memorie del posto narrano di una icona della Madonna rinvenuta nel greto del fiume. Rispettando i canoni classici delle leggende cilentane, anche ad Ostigliano convergono i tratti più comuni delle narrazioni che affiancano la storia dei luoghi. L’effige della Vergine venne rinvenuta nel letto del fiume al contempo da ostiglianesi e ciceralesi. La notizia ben presto si diffuse nei due casali ed assunse varianti diverse. Poiché il luogo esatto del ritrovamento ricadeva nel territorio di Ostigliano gli abitanti del luogo rivendicarono il possesso della statua, ma i ciceralesi ebbero la meglio e la portano sulla riva opposta. Si decise di costruire in loco una piccola chiesa. Secondo le dicerie popolari si adoperarono per innalzare la cappella, procurandosi il materiale necessario: gli uomini spaccavano le pietre e le donne le trasportavano; ma al mattino seguente il mucchio non c’era più, la forza del fiume le portava sulla sponda opposta; e così per diversi giorni, finché si pensò che il volere della Madonna era quello di dimorare in territorio di Ostigliano, ove venne eretta la chiesetta. Si noti l’assoluta somiglianza con le leggende fiorite altrove, trapuntate nei racconti orali del remoto passato, a conferma della loro funzione semplicemente di ‘copertura’ per le ‘processioni campestri’ di cui abbiamo parlato poc’anzi.

L’icona della Vergine. A primo sguardo la statua della Madonna presente nella cappella rivela fin da subito che non si tratta affatto della Madonna di Loreto, bensì di una ‘generica Maria’, nata dalla mano di un maestro madonnaio commissionato per la sua realizzazione. I tratti somatici semplici e pieni, e alcuni particolari della statua nel suo complesso fanno presupporre che l’immagine rappresentata sia null’altro che una ‘scultura rurale’ appartenente alla tipologia delle ‘Madonne di pietra’. La tecnica di costruire queste statue ‘attaccate’ al territorio è abbastanza remota. Cesellare direttamente sul posto, garantiva protezione logistica e spirituale: ‘ancorando’ la statua se ne impediva l’asportazione e la ‘protezione’ della Vergine permaneva in modo costante. Inoltre, la tecnica utilizzata era poco dispendiosa e i materiali adoperati provenivano da un ambiente povero: gesso, scarti di lavorazione, cocci di vasellame e resti edilizi; alcuni accorgimenti come l’uso di vetro per gli occhi, conferiscono profondità ed eleganza. Inevitabilmente, l’immagine trasuda i segni del tempo e dell’isolamento: alcuni anni fa è stata oggetto di restauro, perdendo parte della sua antica espressività.

La festività. Fino ai primi lustri della seconda metà del secolo scorso, la festività coincideva con le quarta Domenica del mese di Agosto. Successivamente, per permettere la partecipazione di tanti emigranti, la ricorrenza viene fissata nel giorno di Sant’Elena (18 Agosto). All’alba, partendo dalla Chiesa Madre, i fedeli si dispongono in processione e al suono delle campane, il corteo si avvia verso la cappella. Il tragitto è scandito da canti e preghiere. La magna devozione per la Madonna è stata testimonia dalla presenza di ‘centé’ e di ori, oltre che dalla grande partecipazione popolare. La strada percorsa dai pellegrini prende il via dalla parte alta del paese e raggiunta la sommità della collina, inizia la discesa verso il fiume. Il suono della campanella annuncia l’arrivo del corteo che, come da classica tradizione cilentana, esegue tre giri intorno alla cappella, intonando il canto tradizionale, prima di fare il suo ingresso in chiesa. Dopo la visita alla cappella e la celebrazione della Santa Messa, il corteo si ricompone, si saluta la Madonna e s’imbocca la via che riporta all’abitato. Giunti alla parrocchiale, i fedeli fanno rientro nelle proprie case; il corteo si ricompone nuovamente nel tardo pomeriggio, quando ha luogo la solenne processione per le vie del paese. Il 10 dicembre, invece, ricorrenza liturgica, si tiene solo la Santa Messa.

[testo di Giuseppe Conte]

Pubblicato da Giuseppe Conte

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