Cilento, ‘la murtedda’: l’utilizzo ‘domestico’ e l’impiego ‘metaforico’ nelle pratiche contadine

Il mirto è un arbusto assai diffuso nella macchia mediterranea e, dunque, abbonda anche nel Cilento. Spesso costeggia i sentieri e conferisce una tinta verdeggiante al paesaggio, un colorito acceso soffocato in parte solo con la fioritura che ci regala boccioli solitari, bianchi e profumati e con i frutti in piena maturazione che assumono una colorazione quasi nera.

Fin dai tempi più antichi l’utilizzo del mirto in Cilento ha trovato diversi usi nelle pratiche contadine spaziando dagli accostamenti nelle preparazioni culinarie alla ‘metafora identificativa’.

Tipico di una parte dell’odierno Cilento, è la produzione della ‘mozzarella re murtedda’ che – per alcuni aspetti – nel nome lascia intuire una preparazione diretta mentre si pone esclusivamente come tramite di conservazione; e il procedimento consiste proprio nell’alternare la mozzarella ottenuta con il latte vaccino ai ramoscelli di mirto, creando dei ‘fasci’ legati alle estremità da ‘stringi’ (i rami delle ginestre): i pastori, in tal modo, mantenevano intatti i formaggi durante il trasporto fino ai luoghi di consumo e di vendita. Inoltre, il mirto conferisce alla mozzarella un aroma particolare.

L’adattamento delle disponibilità arboree ad uso contadino è stata una pratica assai diffusa: basti pensare che il formaggio prendeva forma nelle tradizionali ‘fuscedde’, un tempo realizzate esclusivamente con l’intreccio di vimini, per mano di abili artigiani.

Oggi, invece, con il mirto si ottengono anche aromatici liquori. Ma è l’utilizzo in ambito ‘domestico’ non sempre culinario a caratterizzare l’uso popolare della pianta. Per ripulire il forno, prima di disporvi le ‘panelle’ per la cottura, si usava il ‘munnulo’, una sorta di scopa rudimentale ottenuta con dei rami di ulivo o di mirto legati ad un’asta di legno. Nell’aia, e nei piani di calpestio delle vecchie case contadine, il suolo veniva spazzato con queste rudimentali scope, stavolta ottenute semplicemente ‘ammazzando’ (riunendo in mazzo) rami più lunghi di mirto o ‘frascedde’.

mirto

Della pianta, come abbiamo visto, si sfruttano non solo i rami ma sopratutto i frutti, adoperati principalmente per la realizzazione di liquori e di confetture, anche se non tipiche della zona. Il periodo di raccolta interessa soprattutto i principi dell’estate e, contestualizzando il ciclo di maturazione, il mirto spesso compare ‘metaforicamente’ nell’identificazione di particolari eventi. Ad esempio, ad Ostigliano (Perito), la festività di Giugno in onore di San Giovanni Battista, veniva identificata come ‘San Giuanni re le murtedde’ per distinguerla dalla ricorrenza di Agosto, accostata, invece, ai fichi ‘San Giuanni re le fico’. E ancora, quando le annate produttive di alcuni frutti sono prospere – in particolare le olive – un modo di dire recita ‘è carreca cume na murtedda’ in riferimento all’abbondanza di frutti che si riscontrano in piena maturazione sui rami del mirto.

Pubblicato da Giuseppe Conte

Ho creato questo blog dove inserisco principalmente i miei scritti. Non ho pretese di originalità pur mettendo impegno e ricerca nei miei lavori. Vi invito a segnalarmi eventuali inesattezze o imprecisioni di cui mi scuso in anticipo. Per contatti [email protected] oppure per contattare me direttamente [email protected]

Una risposta a “Cilento, ‘la murtedda’: l’utilizzo ‘domestico’ e l’impiego ‘metaforico’ nelle pratiche contadine”

I commenti sono chiusi.