Cilento, la gastronomia in occasione della Pasqua

Ed è proprio vero: la tavola a Pasqua è sempre imbandita. In Cilento, si sa, la Settimana Santa è carica di tradizioni; oltre l’aspetto religioso vi è una consistente componente culinaria: dalla Domenica della Palme fino al Lunedì dell’Angelo, il menù è straordinariamente ricco.

Partiamo con i parmarieddi, un tipo di pasta che si ottiene incavando con le dita della mano piccoli pezzi di impasto: si preparano la Domenica che precede la Pasqua e sono serviti a pranzo rigorosamente conditi con il sugo di pomodoro. A seguire, invece, durante la settimana, fin dai tempi passati i forni a legna erano tenuti in caldo praticamente ogni giorno: è da qui che parte una copiosa carrellata di ‘pizze’. Ma partiamo dai vicci cu l’ova. In vista della Pasqua si preparava anche il pane; l’ultima panificazione prima della festa era programmata in modo tale da coincidere con la Settimana Santa. Una parte dell’impasto è messo da parte ed utilizzato per realizzare lu viccio cu l’ova. Null’altro che una base di farina ed acqua in segno di buon auspicio. Tuttavia, forme e significati assumono varianti diverse; la classica ciambella a ‘tortano’ era in genere portata in tavola per dividerla con i commensali proprio in segno di unione e condivisione. Individuale, invece, veniva talvolta realizzata come una piccola treccia nella quale era posto l’immancabile uovo: quest’ultimo già di per sé ricco di significati.

E passiamo alle tante e numerose ‘pizze’ dolci e salate. Per il Giovedì e per la Pasqua stessa, particolarmente indicata è la pizza chiena per la sua ricchezza nell’impasto, non concessa, invece, in occasione del Venerdì, quando il digiuno dettato dai canoni cristiani, imponeva ritmi più rigidi e, in questo caso si preparava la pizza cu l’erva ma procediamo per ordine.

La ‘pizza chiena’ già nel nome, lascia intendere una ricetta sostanziosa, e così è: una sfoglia di farina, acqua, strutto, lievito e un pizzico di sale avvolge il ripieno. Si sbattono le uova con il formaggio di capra grattugiato e si aggiungono i salumi come soppressata, salsiccia, pancetta, variabili secondo le disponibilità di dispensa e il formaggio fresco a cubetti; pepe e volendo prezzemolo tritato concludono la ricetta che sarà cotta in forno fino a quando raggiunge la giusta doratura. Il Venerdì, come anticipato, è la volta del ‘sacrificio’ – si fa per dire – perché la ‘pizza cu l’erva’ è qualcosa di veramente buono! Nei tempi passati, il riepieno era formato da erbe spontanee, come la borragine, che i contadini ben conoscevano; oggi si tende a mescolare ortaggi più comuni e facilmente reperibili nel proprio orto o sul mercato (scarole, bietole). Anche in questo caso si prepara una sfoglia, ottenuta con lo stesso impasto del pane a cui si aggiunge lo strutto. Si saltano le verdure e si arricchiscono con olive nere snocciolate e filetti di acciughe salate.

Il ‘digiuno’ si recuperava nei giorni seguenti, ancora una volta con la ‘pizza chiena’ e con le torte dolci. La pizza re grano e la pizza re riso si differenziano nel solo ingrediente principale: il grano o il riso. La seconda, rispetto alla prima, rispecchia molto meno la tradizione del Cilento e, credo sia comparsa sulle nostre tavole in tempi decisamente recenti. La pizza re grano, invece, una variante della classica ‘pastiera napoletana’ ha un legame con il territorio ben più motivato. Il grano, era tra i frutti più presenti ed era base per numerose preparazioni che si ottenevano con la farina. Il grano, spesso preparato al forno o bollito, era talvolta piatto unico o, di accompagnamento. Nel nostro caso è l’ingrediente cardine a cui si aggiunge ricotta, zucchero, uova e volendo canditi e/o aromi.

E il pranzo di Pasqua? Non di certo meno appetitoso ed ecco comparire, tra gli altri, ricchi antipasti, pasta fatta a mano e carni al forno o alla brace. Si abbonda e se qualcosa avanza nessun problema: si consumano a Pasquetta!

Auguri, buona Pasqua 2018!

Pubblicato da Giuseppe Conte

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