Cilento, la figura del ‘monacieddo’ nella ‘storica leggenda’

Ogni volta che scrivo di questa leggenda mi capita di pensare a tutte le sfaccettature che si sono insidiate nella cultura popolare del Cilento influenzando, senza alcun notevole sforzo, la superstizione locale; ciò al fine di riuscire a collocare non solo nel tempo ma anche nella stratificazione sociale, la presenza del ‘monacieddo’. Oggi, nonostante le ricerche, il raggio d’azione – come vedremo – rimane confinato in ambito domestico ma ‘le malfatte’ non si limitano più alla sola classe contadina. 

(In questa occasione parlerò della sola presenza del monacieddo nella variante cilentana attraverso alcuni episodi  – rimando ad un prossimo scritto le nuove tracce storiche, le notizie note e la descrizione del personaggio) -; tuttavia, per rendere più fluente la comprensione della leggenda traccerò un sunto dei punti cardine.)

Indubbiamente la paternità della leggenda è da attribuire all’area partenopea, seppur ben diffusa anche nel resto della regione e, in via generale, in gran parte del Meridione d’Italia. Secondo la letteratura, la figura di ‘o monaciell’ va ricercata nella prima metà del XV secolo: qui la storia si dipana e spuntano almeno due diverse accezioni. Figlio di un amore impossibile o l’antico gestore dei pozzi? È la stessa letteratura che ci riporta quasi sempre queste ipotesi, ormai nodo centrale dell’enigma (ma di questo come anticipato ne parleremo in dettaglio prossimamente). Se nella zona partenopea ‘o monaciell identifica quasi sempre la figura del ‘piccolo monaco’ (così chiamato per il tipico saio che indossa), nel Cilento e nelle zone limitrofe, assume molteplici varianti nell’onomastica: lu munacieddo è il più diffuso ma non mancano monacielli e spiritielli/spiritieddi.

Nel nostro territorio il luogo d’azione è circoscritto all’ambiente domestico ma, talvolta, sfora da queste mura. Ecco alcuni tra gli episodi più significativi che appartengono alla memoria popolare.

Le zeppole: l’ora della merenda? Diffusa nella zona del Monte Stella, questo episodio l’ho ribattezzato ‘l’ora della merenda’ e ora scopriremo il perché. Preda del ‘monacieddo’ è la massaia di casa che sta preparando le frittelle. Terminata le fase dell’impasto procede alla frittura e, man mano che vengono scolate dall’olio, le disposte in una ciotola posta su un piano retrostante. Ben presto si accorge di un continuo ammanco: ogni zeppola depositata pare scomparire nel nulla. Infastidita, si gira all’improvviso e scorge una figura intenta a rubare le zeppole. Per lo spavento, d’istinto, riversa l’olio bollente sul malcapitato; ne consegue una scomunica per la donna!

Lu treppete: questioni di convivenza. La vicenda è ambientata in una casa contadina sulle sponde dell’Alento dove vive una tranquilla famiglia di agricoltori. Abitante fisso della casa, si presenta puntuale all’ora dei pasti, la sera per dormire e, ad ogni occasione di disturbo! Esasperati, gli occupanti decidono di porre rimedio a questa ‘convivenza forzata’ trasferendosi altrove. Di buon mattino, ogni componente della famiglia si prepara a portar via il necessario: ed ecco puntuale il munaciello che, ‘cu nu trppette’ sulle spalle esclama gioioso: si cambia casa!!

Incontri all’alba: il mezzadro. Il mezzadro s’avvia ai campi e sul sentiero inciampa scontrandosi con un piccolo uomo di bassa statura: è il monaciello! Alla bestemmia del mezzadro la figura misteriosa scompare.

Il cappuccio fortunato: a caccia di denari. Si racconta che, chiunque riesca a strappargli il cappello, riceva soldi e indicazioni su antichi tesori. Infatti, secondo la tradizione, per non essere visto in faccia, il monacieddo chiede la restituzione del cappello in cambio di monete o della rivelazione di luoghi custodi di ricchezze.

Pubblicato da Giuseppe Conte

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