Cilento, dai ‘parmarieddi’ al suono della ‘troccana’

PASQUA 2018. Anche quest’anno vi racconterò la Settimana Santa nel Cilento, testimoniando la straordinaria ricchezza culturale custodita nel periodo pasquale. E come sempre non mi limiterò alla sola componente religiosa ma cercherò di andare oltre l’esaltazione delle confraternite ponendo al centro non solo le caratteristiche congree – seppur, quest’ultime, rappresentano il cardine della religiosità e anche del folklore popolare per il ‘Cilento Antico’ ovverosia il Cilento Storico, quello confinato alle pendici dell’odierno ‘Monte della Stella’ – ma indagando sulle peculiarità che, ancora riemergono tra le vetuste tradizioni.

Nella Domenica delle Palme la consueta benedizione dei rami d’ulivo è affiancata da alcune preparazioni culinarie, in questo caso assolutamente identificative: è il tempo giusto dei parmarieddi, un tipo di pasta ottenuta con una particolare lavorazione che prevede l’incavatura di piccole parti di impasto con tutte le dita della mano ad eccezione del pollice. Secondo l’accostamento popolare, quando più lungo sarà un parmarieddo più generosa sarà la spiga di grano nel prossimo raccolto. È evidente un legame tra la sfera contadina e quella religiosa che, in questa occasione, si addensa nell’onomastica: i parmarieddi traggono l’etimologia dall’insieme di un triplice valore simbolico: ‘il palmo’ della mano che lavora l’impasto, ‘il palmo’ come unità di misura del grano e il ramo d’ulivo utilizzato come ‘palma’ per la benedizione.

Il Giovedì Santo, invece, si allestiscono i Sepolcri. Dopo la celebrazione della Santa Messa che ricorda l’ultima cena, l’altare è spogliato di ogni ornamento e si prepara il Sepolcro che accoglierà il ‘Corpo di Cristo’. In passato, in tal occasione, la chiesa veniva denudata letteralmente, a conferma di una magna devozione: le statue erano velate da un panno nero e il silenzio avvolgeva all’improvviso l’intera comunità. L’atmosfera luttuosa era denotata dal silenzio delle campane che, metaforicamente venivano legate in attesa della resurrezione di Cristo. Inoltre, con l’inizio della Quaresima si preparano ‘i germogli di grano’ che i fedeli porteranno in chiesa ponendoli dinanzi al Sepolcro.

Il Venerdì Santo rimane il momento più sentito. Le note congree, assolutamente tipiche del Cilento, partiranno per il loro pellegrinaggio di penitenza, raggiungendo i Sepolcri allestiti nelle diverse parrocchie e portando a compimento un antico rituale. Non potendo rilasciare nell’aria i rintocchi delle campane, il suono assordante della troccana annunciava l’inizio della celebrazione della ‘Passione di Cristo’.

Infine il Sabato Santo slega le campane e il suono festoso da notizia della resurrezione: la Domenica di Pasqua culmina con il pranzo di festa.

Ecco la la Settimana Santa 2018: in questo mio consueto viaggio, come sempre, darò voce alle ‘bellezze interiori’ di questa terra…

Pubblicato da Giuseppe Conte

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