E’ il momento in cui tradizioni fa rima con emozioni…
Il Venerdì Santo non suonano le campane ma, alle pendici del Monte della Stella, le parrocchie sono un via vai: le congree si alternano per omaggiare il Sepolcro di Cristo intonando le loro strofe: non sono veri e propri canti ma direi piuttosto ‘colti inni’ e ‘pietosi lamenti’. Assiste alla scena ogni fedele, si riporta la mente a tempi lontani. Eppure queste antiche tradizioni sono vive: senza troppe difficoltà si fanno spazio tra la modernità del nuovo secolo.
Le genti del posto ben sanno cosa accade oggi: si compie uno straordinario pellegrinaggio che affronta il viaggio su una rotta circolare che, a sua volta, può in più punti incontrare la congrea del paese accanto.
Solo con queste poche e semplici parole si può spiegare l’essenza della teatralità più genuina, quella ancorata nell’animo di ogni cilentano; per i significati più profondi, invece, bisogna interpellare il vissuto custodito nel cuore che, difficilmente cederà i suoi valori…
Penombra nel cielo
come coperto da un velo;
un crudo silenzio
non s’ode campana suonare.
Si raduna la folla
l’estasi crolla
la chiesa è gremita
la Madonna impietrita!
L’odore di cera invade alla sera
s’addensa nell’aria
il pianto sulla via:
è un canto straziante
sconvolge la gente;
è giorno pietoso
spiazza il riposo.
Un lamento
un atroce tormento
l’animo ascolta
la strofa è colta
di lingua seriosa
tutti si è in posa.
Pietà che non molla
ma che lenta si dissolve…