La Candelora, credenze e suggestioni dal Cilento ‘Antico’

di Giuseppe Conte

Il 2 febbraio si celebra la Presentazione di Gesù al Tempio. Nel linguaggio popolare è la Candelora, una festività che, soprattutto in passato, ha scandito i ritmi della quotidianità. Il legame tra la ricorrenza è la sfera agro-pastorale ha radici antichissimi, probabilmente da ricercare in contesti che vanno ben oltre gli stessi significati cristiani. Ed è proprio dalle origini che bisogna partire per comprenderne a pieno i significati più profondi.

La Candelora: riti antichi

La Presentazione al Tempio di Gesù è ancora chiamata anche Purificazione della Beata Vergine Maria; tuttavia è ormai consolidata la lunga tradizione che identifica la ricorrenza del 2 febbraio come il giorno della Candelora. Il nome trae origine dalla benedizione dei ceri che avviene durante la celebrazione: saranno di buon auspicio per l’anno nuovo che in tale data è ancora agli esordi. Farà da ‘amuleto’ per la protezione domestica e, in particolare, per scongiurare carestie garantendosi un buon raccolto nei mesi a seguire.

Candelora nel Cilento - Presentazione di Gesù al Tempio

Ciò nonostante pur essendo ormai condivisa pienamente nell’ottica cristiana, è bene ricordare che la Candelora trae origine da precetti pagani e legati dapprima al mondo agreste. Inoltre, è la vigilia di San Biagio, protettore della gola, altro importante appuntamento che segue i cosiddetti giorni della merla: in tale occasione, due candele incrociate sul collo pongono i fedeli sotto la protezione del Vescovo di Sebaste.

Dalla storia alla proverbialità

Nei tempi passati, la Candelora costituiva il confine immaginario tra l’inverno e la primavera e nonostante la cadenza rientri nel bel mezzo della stagione fredda, il 2 febbraio rappresentava l’approssimarsi della semina per diverse colture. Non a caso il giorno seguente, a San Biagio, si benedivano le sementi e con l’arrivo delle Ceneri si organizzavano i primi semenzai: sono queste quelle che possiamo definire le ‘date agrarie’ che scandivano la vita nei campi.

Candelora nel Cilento - una immagine con la neve - Ostigliano, foto di Giuseppe Conte
Candelora nel Cilento – una immagine con la neve – Ostigliano, foto di Giuseppe Conte

Ed è su queste basi che si innesta la celeberrima proverbialità: quanno vene la Cannelora ra vierno simo fora ma si chiove o mena viendo quaranda juorni re maletiembo, alludendo palesemente alle condizioni climatiche. É ovvio che nessun fondamento scientifico accorre in aiuto a porre significato se non la sola superstizione e la convinzione che ne deriva. Così in Cilento si accoglie l’arrivo della Candelora. Tramandando un immenso patrimonio culturale che va ben oltre la visione collettiva.

Quanno vene la Cannelora… ma non si conosce il suo significato!

Il proverbio pretende che l’inverno sia finito se il tempo è mite oppure va avanti per altri quaranta giorni, richiamando, questa volta la sola componente cristiana: nei ‘quaranta giorni’ si identifica il tempo trascorso dal Natale. In origine invece era il 14 febbraio: quaranta giorni dopo l’Epifania. Che confusione! La stessa proverbialità non è univoca. S’inclina e sfuma in varianti contrastanti: si chiove a Cannelora ra lu vierno simo fora ma si neveca o mena viendo quaranda juori re maletiembo. E ancora: la ‘Cannelora’ e ‘Santo Jasi’, come ‘la Befania’ si esprimono in ‘la Befania ogni festa porta via’; responne la Cannelora: nge so io angora. Dal Cilento e nella panoramica partenopea a Candelora Vierno è fora! responne San Biase: Viern mo’ trase! Rice la vecchia rinta la tana: nce vole nata quarantana! Canta lu monaco rinda lu refettorio: tanno è estate quanno è Sant’Antonio!

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Pubblicato da Giuseppe Conte

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